Consultazione pubblica sul cyberbullismo

Il codice sul bullismo online è figlio del regolamento Agcom. Google e gli altri operatori hanno disertato il tavolo. Un mese e mezzo per le osservazioni.
Consultazione pubblica sul cyberbullismo
Il codice sul bullismo online è figlio del regolamento Agcom. Google e gli altri operatori hanno disertato il tavolo. Un mese e mezzo per le osservazioni.

Il ministero dello sviluppo economico, tramite il suo vice ministro Antonio Catricalà, ex magistrato già Garante della concorrenza, ha presentato la prima bozza del Codice di Autoregolamentazione per la prevenzione e il contrasto al cyberbullismo. Al tavolo insieme a ministero, anche l’Agcom, la polizia postale, il Garante per la Privacy, quello per l’Infanzia, il Comitato media e minori, associazioni di categoria come Confindustria digitale e Assoprovider e teoricamente anche gli operatori, come Google e Microsoft e altre big company. Che però hanno disertato il tavolo.

La bozza del codice di autoregolamentazione approvata dal MISE definisce il cyberbullismo e mette in campo cinque semplici articoli per cominciare a immaginare un insieme di azioni coordinate. Il cyberbullismo, secondo questo documento, è:

L’insieme di atti di bullismo e di molestia effettuati tramite mezzi elettronici come l’e-mail, la messaggistica istantanea, i blog, i telefoni cellulari e/o i siti web posti in essere da un minore, singolo o da in gruppo, che colpiscono o danneggiano un proprio coetaneo incapace di difendersi.

Cosa dispone il documento

Il documento si pone l’obiettivo di affrontare il fenomeno dal lato della promozione di un uso consapevole della Rete e degli strumenti social (in particolare), tramite l’impegno sottoscritto di ciascuno degli attori, anche se in effetti gran parte del documento impegna soltanto le realtà web:

  • A prevenire e segnalare episodi di cyberbullismo rendendo molto visibili gli strumenti per farlo anche da parte degli utenti.
  • I tempi di risposta dalla segnalazione non devono superare le due ore.
  • Gli aderenti si impegnano anche all’oscuramento del contenuto lesivo.
  • Nel rispetto della normativa sulla riservatezza dei dati personali, gli aderenti potranno promuovere e attuare apposite politiche che consentano alle autorità competenti di risalire all’identità di coloro che utilizzano il servizio per porre in essere comportamenti discriminatori e denigratori.
  • Al fine di monitorare periodicamente l’effettiva applicazione del Codice è istituito presso il MISE un comitato di monitoraggio che avrà anche il compito di richiamare l’operatore ai suoi impegni.

Il codice viene messo per 45 giorni da oggi a consultazione pubblica per ottenere ulteriori suggerimenti dagli utenti. Contributi e osservazioni possono essere inviati entro il 24 febbraio all’indirizzo di posta elettronica antonio.amendola@mise.gov.it.

I casi di cyberbullismo e la politica

A dirla tutta, questa bozza sembra la costola del discusso regolamento Agcom, soprattutto nella parte in cui si pretende una risposta (si suppone positiva, tra l’altro) in sole due ore. Senza riflettere molto sulle reali tempistiche e possibilità, oltre che responsabilità autentiche dei fornitori di servizi online, e incuranti delle recenti spiegazioni della sentenza definitiva sul caso Vivi Down – Google.

Anche la questione oscuramento è figlia della stessa cultura, piuttosto pericolosa, della chiusura extragiudiziaria, in base al principio per cui gli episodi di cronaca sono talmente scioccanti che non c’è tempo da perdere. D’altra parte, il testo nella sua interezza è fondato sul principio – erroneo – secondo il quale esiste una correlazione diretta tra la «socialità aggressiva» e la tendenza ad usare i social network, e il deludente incontro sull’hate speech promosso da Laura Boldrini l’anno scorso è lì a spiegare molto bene la confusione di cui soffre ancora molta politica italiana nei confronti della Rete. Di cosa stupirsi se Google e Facebook non si sono nemmeno presentati?

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