Spam, l’Europa si arena sull’opt-in e sull’opt-out. Per avere una legge unitaria in Europa contro il far west della pubblicità via posta elettronica bisognerà aspettare almeno altri due mesi.
Alla fine però dovremmo sapere se le comunicazioni non richieste su Internet passeranno attraverso il meccanismo della richiesta preventiva dell’utente di ricevere informazioni su determinati prodotti (meccanismo dell’opt-in). Viceversa, tutti potremmo vederci recapitare una prima e-mail pubblicitaria, salva poi la facoltà di segnalare al mittente che non siamo interessati a quelle informazioni (meccanismo dell’opt-out).
L’Europarlamento si è spaccato sulle norme per arginare il fenomeno delle mail selvagge spedite a centinaia di indirizzi, ad un passo dall’approvazione. La buccia di banana su cui è scivolato l’antispam europeo è la questione, tutt’altro che secondaria, della raccolta del consenso ad essere raggiunti da messaggi non direttamente sollecitati: se sono io utente che devo richiedere di essere informato o, se chiunque possa prendere l’iniziativa di informarmi di un’offerta, dell’esistenza di un prodotto, ma anche di un programma politico. Solo per dirne qualcuna. Lo stesso discorso deve essere fatto anche per gli SMS sui telefonini.
La questione non è semplice e l’aspro scontro era prevedibile. La scelta tra i due meccanismi dell’opt-in ed dell’opt-out, da un lato si presta a tirare in ballo una serie di speculazione sui massimi sistemi. Il meccanismo dell’opt-in, sembra un’inaccettabile restrizione della libertà di comunicazione e delle prerogative di contatto proprie di Internet. A questo proposito qualcuno si chiede
Dall’altro lato, scendendo sulla terra, ogni tentativo di arginare lo spam si scontra con questioni più profane del tipo la sicurezza fornite dalle banche dati delle mailing list in relazione alla privacy e l’efficacia dei sistemi di rimozione dalle stesse liste. Uno dei risvolti inquietanti dello spamming è l’enorme quantità di dati trattati. Centinaia (o perché no anche migliaia) di indirizzi di posta elettronica corredati di riferimenti ad altri dati, come l’istruzione, i gusti etcÂ…, si prestano ad essere bersagliati da messaggi su messaggi praticamente a costo zero. I rimedi antispamming, poiché vanno a riguardare banche dati più o meno estese, abitano vicino di casa alle disposizioni sulla privacy.
Non è casuale che in Italia la questione dello spamming sia emersa nell’applicazione della legge 675/’96. Il Garante, attraverso una serie di pronunce ha chiaramente fornito un’indicazione a favore dell’opt-in nella ricezione di mail non richieste. In campagna elettorale l’Authority per i dati personali ha chiarito che i messaggi non sollecitati sono invasivi della privacy e che l’iscrizione in liste pubbliche (forum, mailing list) non significa implicitamente rendere accessibile a chiunque il proprio indirizzo di posta elettronica.
L’orientamento comunitario prevalente, in materia di spamming, va nella direzione data dal nostro Garante per la privacy alla materia.
La bozza della direttiva comunitaria,
Il pericolo più serio dell’opt-out, richiamato nella battaglia antispam dell’euro CAUCE (il comitato degli antispammer europei) è che l’approccio di scala alla mail abusiva provochi una congestione dei servizi di posta elettronica. In un’
Lo slittamento europeo se non altro, dà maggior occasioni di dibattito su un tema che coinvolge tutti gli utenti di internet direttamente. C’è chi propone di superare la dicotomia opt-in ed opt-out e pensa di mediare tra le esigenze della comunicazione e della privacy, non credendo al buon senso dei comunicatori (nel caso che passi l’opt-out) e, nello stesso tempo, trovando inaccettabile la comunicazione solo su richiesta (qualora a passare sia il meccanismo dell’opt-in). Pietro Morelli in un suo
Ancora altri due mesi di aspre contrapposizioni ma anche di aperto dibattito per vedere chi la vincerà: le ragioni dei direct marketer che si fondano sulla facilità di comunicazione su scala o quella dei difensori strenui della privacy che guardano all’arrivo di posta elettronica indesiderata come un’inaccettabile violazione della riservatezza.