Così funziona la censura su Facebook (up.1)

Leak dei servizi di moderazione di Facebook: dalla nudità ai fluidi corporei, passando per i "voglio morire", tutto ciò che a Mark Zuckerberg non piace.
Così funziona la censura su Facebook (up.1)
Leak dei servizi di moderazione di Facebook: dalla nudità ai fluidi corporei, passando per i "voglio morire", tutto ciò che a Mark Zuckerberg non piace.

Quante volte su Facebook accade che un contenuto venga rimosso, senza lecita motivazione apparente? Da oggi si può capire, e senza troppo sforzo, in che casistica di violazione si è finiti e, non ultimo, il livello di censura in cui ci si imbatterà. È infatti trapelato online un documento riservato di 17 pagine e stilato da oDesk, società di moderazione assoldata da Facebook, con tutte le linee guida per la community.

A nulla è servito il marchio “confidenziale”: una volta apparso online su Gawker il file è diventato di dominio pubblico. E si scopre, così, come l’intento del social network sia quello di diventare un parco giochi della felicità, dove nudità, abusi, insulti, opinioni maligne siano epurati. Un po’ come succede per Apple sul suo iOS, dove i contenuti in odor di malizia vengono opportunamente eliminati.

Sono 9 le categorie censurabili su Facebook, a loro volta suddivise in altre sottocategorie: “Sesso e Nudità”, “Uso illegale di droghe”, “Furto, vandalismo e frodi”, “Messaggi d’odio”, “Immagini forti”, “Blocco degli IP”, “Automutilazione”, “Bullismo e assalto”, “Minacce credibili”.

Fra le indicazioni, si ritrovano dei cult ormai ben noti di Facebook, come il divieto di pubblicare immagini di allattamento, soprattutto quando i capezzoli sono in bella mostra. Una norma che ha sollevato le inferocite proteste, cadute in realtà nel vuoto, di un nugolo di mamme attiviste dell’allattamento al seno. Ma vi sono anche altri fattori curiosi, come l’impossibilità di mostrare il segno di un capezzolo femminile sotto una maglietta attillata (specificando, però, come “i capezzoli maschili siano ok”), il blocco delle foto di “persone che usano il bagno”, immagini photoshoppate che mostrino un soggetto in cattiva luce e molto altro ancora. Ad esempio, Facebook non pare gradire le fotografie di studenti ubriachi a cui gli amici, per scherno, hanno riempito il volto di scritte: un cult della Rete, si pensi al successo del network di Cheezburger e della sua sezione proprio dedicata a questo. Incredibilmente, non vi è nessun divieto di mostrare fluidi corporei ad eccezione dello sperma, così come scene violente di corpi disastrati da incidenti e affini.

Fattore sicuramente positivo è quello della protezione delle minoranze. Le linee guida ben specificano come siano vietati i discorsi d’odio contro gli omosessuali, come siano ammesse fotografie di baci gay o come siano vietati i discorsi che incitano alla negazione dell’olocausto o all’epurazione di etnie religiose, singole razze e molto altro ancora. Infine, Facebook non è il social network dei depressi e degli aspiranti suicidi: guai a lasciar troppo trapelare che la vita non sia meravigliosa, poiché si rischia la chiusura dell’account con un semplice “voglio morire”, anche se detto ironicamente in contesti del tutto lontani dal suicidio. Si pensi, ad esempio, all’utente incauto che “vuole morire” perché alle 18 del venerdì è ancora oberato di lavoro. In questi casi potrebbe comunque scattare un sistema di tutela a sé, che Facebook ha messo in atto ormai da tempo.

Più che alle linee guida, che svelano l’indole forse troppo bacchettona del pargolo di Mark Zuckerberg, a sollevare sgomento è come viene eseguita la moderazione. In molti casi, i servizi di censura vengono venduti a società terze, con manodopera dislocata nelle economie emergenti o nel terzo mondo. Sempre Gawker riporta la testimonianza di un lavoratore marocchino, pagato un solo euro l’ora per verificare pagine e pagine di messaggi Facebook. Questa la sua dichiarazione: «È umiliante, si stanno approfittando del terzo mondo». E per fortuna che l’incitazione allo sfruttamento è severamente vietata dai community standard.

Update
Facebook ha confermato la bontà del documento trapelato sottolineando i rigorosi controlli di qualità relativi al contributo di monitoraggio ed analisi fornito dai partner esterni interessati.

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