Caso Vivi Down, assolti i tre dirigenti Google

Assolti i tre dirigenti Google coinvolti nel "caso Vivi Down", a oltre sei anni di distanza dall'upload del filmato con abusi su un ragazzo autistico.
Caso Vivi Down, assolti i tre dirigenti Google
Assolti i tre dirigenti Google coinvolti nel "caso Vivi Down", a oltre sei anni di distanza dall'upload del filmato con abusi su un ragazzo autistico.

È stata scritta oggi l’ultima parola sul cosiddetto caso Vivi Down, con l’assoluzione di tre fra dirigenti ed ex dirigenti di Google, dopo la condanna nella sentenza di primo grado risalente al febbraio 2010. Nelle scorse settimane il sostituto procuratore generale di Milano Laura Bertolé aveva chiesto la conferma dei sei mesi di reclusione per gli imputati, ma la Corte d’Appello si è pronunciata diversamente poiché “il fatto non sussiste”.

Cade dunque l’impianto accusatorio nei confronti di David Drummond (ex presidente del CDA e legale Google Italia), George Reyes (ex membro del CDA Google Italy oggi in pensione) e Peter Fleischer (responsabile policy sulla privacy di Google per l’Europa). Ad Arvind Desikan, a capo del progetto Google Video per l’Europa, non era stata riconosciuta alcuna responsabilità per quanto accaduto già al termine del primo grado di giudizio. Soddisfazione manifestata dalla sezione italiana di bigG, che si è espressa sulla decisione attraverso le parole della policy manager Giorgia Abeltino, riprese dall’agenzia stampa Reuters.

Siamo molto felici che la decisione di primo grado non sia stata confermata e che la Corte d’Appello abbia riconosciuto l’innocenza dei nostri colleghi. Anche in questo frangente, il nostro pensiero va al ragazzo e alla sua famiglia, che in questi anni hanno dovuto sopportare momenti difficili.

Si conclude così una vicenda spiacevole, aperta nel 2006 quando alcuni studenti di un istituto torinese hanno caricato su Google Video (ancora non era stata completata l’acquisizione di YouTube) un filmato con abusi su un ragazzo autistico. Il video restò online per diverso tempo, arrivando a oltre 5.000 visualizzazioni in streaming prima della sua rimozione. La causa legale prese il via in seguito alla denuncia da parte del padre, supportato dall’associazione Vivi Down. Un episodio assolutamente da condannare,  che ha contribuito a portare a galla una questione di cruciale importanza per il Web 2.0, ovvero quella relativa all’attribuzione della responsabilità per i contenuti generati dagli utenti e caricati online su piattaforme per la condivisione.

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