iTunes Store ha registrato il suo primo calo storico: dopo oltre un decennio di crescita irrefrenabile, il negozio di musica di Cupertino ha rallentato la sua corsa nel 2013. Se fino a ieri il responsabile della riduzione è stato identificato nello streaming – ovvero tutti quei servizi legali che permettono all’utente di ascoltare musica gratuitamente – oggi emerge una motivazione più interessante. Non è sulla musica che il confronto si giocherebbe, bensì sul fronte delle applicazioni.
A parlarne è Horace Dediu, analista di Asymco nell’ultimo anno particolarmente predittivo sull’universo della mela morsicata. Lo streaming avrebbe poco peso sul calo di vendite di brani e album musicali di iTunes Store, piuttosto è l’utente stesso che decide deliberatamente di ascoltare e acquistare meno musica. Per quale motivo? Perché il budget del consumatore oggi si divide tra servizi virtuali multipli e parte del denaro, una volta conferito a singoli e compilation, oggi viene rosicchiato dall’universo delle applicazioni.
La questione economica è ovviamente preminente: a parità di budget, spalmandolo su più risorse è naturale che gli acquisti musicali subiscono una riduzione. Ma anche quella temporale ha una sua certa rilevanza: il tempo da dedicare agli hobby è rimasto invariato, il consumatore si deve però dividere su una moltitudine di attività digitali, di cui le app hanno un peso non di poco conto.
«I consumatori hanno un ammontare di tempo fisso, un limite molto più rigido rispetto a quello del budget di spesa. La competizione per una fetta del tempo dell’utente è più dura rispetto a quella di una parte del suo portafoglio. Quel che è stupefacente è quanto le app siano riuscite ad accaparrarsi di questo ammontare.»
Una simile motivazione non appare però completamente convincente, così come 9to5Mac sottolinea: proprio per la sua natura, la musica è spesso accompagnamento di altre attività. Più che essere soppiantata per ragioni di tempo, allora, il restringimento del bacino di vendite potrebbe essere causato da altre fonti, tra cui proprio quello streaming su cui si è tanto discusso in questi giorni. Ma, almeno in parte, Dedieu potrebbe avere anche ragione: vi sono degli hobby che con la musica non possono sempre essere accompagnati, si pensi a un videogioco immersivo oppure a uno show TV. Di conseguenza, sebbene forse al momento dalla portata ancora limitata, non si possono automaticamente escludere le app dalla competizione con album e brani musicali.