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Secondo la ricerca, ai giornalisti vengono "imputati" otto peccati capitali:
1) per il 68% degli italiani sono bugiardi, cioè non dicono il vero
2) per il 60% sono "non o poco informati", incompetenti
3) per il 59% "esageranti, drammatizzanti, gonfianti le notizie
4) per il 52% "non indipendenti, al servizio di specifici interessi"
5) per il 48% "di parte", politicizzati
6) per il 40% "corrotti e mercenari"
7) per il 30% "narcisisti e affetti da protagonismo"
8) per il 30% "poco comprensibili", mal parlanti o scriventi, ipertecnici o gergali, oscuri e allusivi
Insomma, un ventaglio di difetti che, a rigor di logica, dovrebbe essere inconciliabili con la professione del giornalista e che, tuttavia, vengono riscontrati con percentuali preoccupanti dai cittadini ai quali, se certo non si possono definire come "puri e perfettamente obiettivi", occorre prestare ascolto perché sono coloro che "comprano" l’informazione e fruiscono i media.
Rileggendo con calma questi difetti, si può intuire il perché alcune forme di giornalismo 2.0 come il citizen journalism o i blog tematici sembrino attrarre il pubblico. Se pensiamo a un blog tematico, solitamente curato da persone esperte di quel tema, all’indipendenza economica e politica della blogosfera (impossibile controllarla tutta!) o al linguaggio "del cittadino" utilizzato nel citizen journalism, ecco che si spiega come mai, spesso si finisce per credere a un non professionista indipendente piuttosto che ai media tradizionali.
Certo, nel momento in cui i blogger e la blogosfera si macchiano degli stessi peccati… le differenze si annullano.