Fare pubblicità online non è solo acquistare un banner su un sito più o meno visitato.
Negli ultimi tempi si è parlato tanto di viral marketing. Di video che gli utenti si scaricano e si mandano l’un l’altro diffondendoli in modo dirompente sul web. Il presupposto è semplice: se il video è carino, divertente, interessante (ovvero ha buoni contenuti) chiunque lo riceve sentirà il bisogno di inoltrarlo a sua volta o di inviare una mail con link a youtube.
Ciò crea brand awareness e genera un’immagine positiva intorno a un certo marchio o iniziativa.
È quello che sperano le grandi aziende che spesso "nascondono" dietro video apparentemente casuali, alcune campagne virali molto ben congegnate.
Molti conosceranno la
[!] Ci sono problemi con l'autore. Controllare il mapping sull'Author Manager
della Rayban, qualcuno avrà discusso della Dove –
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(invito a vedere anche il video attuale sulla bambina vittima della bellezza, presente nella
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),
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segnalavo l’ammaraggio di un aereo per un tour operator olandese.
Oggi ritrovo un
[!] Ci sono problemi con l'autore. Controllare il mapping sull'Author Manager
… e non voglio dire nulla su Coke e Mentos, un caso da manuale.
Eppure oltre ai video c’è ancora un "vecchio" modo di fare pubblicità per attirare i visitatori. I banner appunto.
Si ingrandiscono i formati, si allargano le possibilità interattive, grazie ai reach media, si affinano le possibilità di visualizzazione (grazie al behavioural targeting) ma sempre banner sono.
Come mai resistono? Come mai dopo tanti anni ancora parliamo di banner? E di "clicca qui"?
Forse come sostiene
[!] Ci sono problemi con l'autore. Controllare il mapping sull'Author Manager
(basta vedere quanti premi ha portato ad aziende del calibro di GE, Visa, eBay, British Airways, Motorola, Kodak, Sears, 20th Century Fox..) mettere le parole "click here" sopra un bottone è stata davvero un’idea geniale. E tutto il resto è solo una infinita variazione di mezzi.
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