Julian Assange confida tutto il proprio sconforto ai media francesi: Wikileaks non ce la farà, il progetto è destinato a fine sicura. Il fondatore di Wikileaks ha infatti esposto i conti: molte spese e nessuna nuova entrata significano un’autonomia residua limitata.
La politica dell’accerchiamento, insomma, ha funzionato. Dal momento in cui le uniche entrate di Wikileaks erano frutto delle donazioni degli utenti, l’arresto dei flussi da Visa, Mastercard e PayPal ha determinato un blocco subitaneo degli introiti. Ad oggi, ha spiegato Assange, il movimento perde qualcosa come 480 mila euro a settimana e ciò significa che entro breve potrebbero non esserci più le risorse necessarie per continuare a finanziare le pubblicazioni del “Cablegate”.
Attorno a Wikileaks il cerchio si stringe sempre di più: oltre alla scarsità del denaro, presto potrebbero esserci anche importanti novità relativamente ai destini legali dello stesso Assange il quale sta per comparire di fronte ai giudici londinesi per fissare una data per il processo di estradizione verso la Svezia. Assange a tal proposito ha rivelato di meditare la possibile richiesta di asilo politico alla Svizzera, opzione però al momento non percorsa ed ancora in fase di valutazione. Assange teme infatti di poter essere estradato infine negli Stati Uniti, ma la Svizzera ha già dimostrato particolare resistenza in merito a seguito del caso di Roman Polanski (la cui richiesta di estradizione da parte degli USA è stata rimandata al mittente accompagnata da un due di picche).
«Cercheremo di controbattere»: sebbene Julian Assange non veda ora luce in fondo al tunnel, rilancia la propria combattività promettendo di resistere. Nei giorni scorsi, nel frattempo, gli USA hanno chiesto a Twitter i dati relativi all’opera di Assange ed il suo team sul social network: entro pochi giorni i dati relativi ai vari account potrebbero essere consegnati o negati ed è questo un ulteriore fronte legale apertosi attorno al terremoto internazionale scatenato da Wikileaks.