Applicazioni Android e rischi per i dati personali

Autorizzazioni e tutela dei dati personali: un problema che riguarda il 10% circa delle applicazioni Android più scaricate dallo store Google Play.
Applicazioni Android e rischi per i dati personali
Autorizzazioni e tutela dei dati personali: un problema che riguarda il 10% circa delle applicazioni Android più scaricate dallo store Google Play.

Applicazioni mobile e tutela dei dati personali, un binomio finito spesso al centro di discussioni e polemiche per come gli sviluppatori eseguono l’accesso alle informazioni riguardanti l’utenza. Una nuova ricerca condotta dalla Carnegie Mellon University di Pittsburgh mette in luce una situazione tutt’altro che rassicurante, in particolar modo se si considerano le app prese in esame.

Il team guidato dal dott. Jason Wong, in collaborazione con il professore Norman Sadeh, ha analizzato le autorizzazioni richieste da 100 tra i software più popolari sullo store Google Play, dunque alcuni dei più scaricati dai possessori di uno smartphone o tablet Android. Dieci di questi necessitano di un’esplicita autorizzazione per l’accesso a dati come la geolocalizzazione, la rubrica dei contatti e informazioni contenute nel dispositivo, per motivi poco chiari. Eccoli: Angry Birds, Toss It, Talking Tom, Backgrounds HD Wallpapers, Dictionary.com, Mouse Trap, Horoscope, Shazam, Brightest Flashlight e Pandora Internet Radio.

Se infatti è piuttosto normale che un’applicazione come Google Maps abbia bisogno di conoscere le coordinate geografiche del luogo in cui si trova l’utente, non è altrettanto chiaro perché lo stesso avvenga anche con il celebre puzzlegame di Rovio, che tra le altre cose chiede anche l’accesso alle chiamate.

Telefonate, lettura stato e identità del telefono, consente all’app di accedere alle funzioni telefoniche del dispositivo: questa autorizzazione consente all’app di determinare il numero di telefono e gli ID dei dispositivi, se una chiamata è attiva e il numero remoto connesso da una chiamata.

L’obiettivo dello studio, come sottolinea Wong, è quello di rendere gli utenti consapevoli di cosa accade quando si sceglie di installare un software sul proprio dispositivo, auspicando una maggiore chiarezza da parte degli sviluppatori per il futuro. La cosa migliore, secondo il ricercatore, è spingere le software house a specificare nei minimi dettagli perché le loro app richiedono ogni singola autorizzazione, così da rendere i consumatori informati in merito a come vengono immagazzinati o elaborati i dati che li riguardano.

Al fine di tutelare al meglio la propria privacy il consiglio è dunque sempre lo stesso: a volte scegliere di affidarsi esclusivamente agli store ufficiali per il download non basta, meglio leggere con molta attenzione anche le autorizzazioni richieste prima di premere il pulsante “Installa”.

Ti consigliamo anche

Link copiato negli appunti