Apple vuole brevettare la parola startup

Apple cerca di brevettare la parola startup in Australia e il mondo del business drizza le orecchie: il termine indicherebbe dei servizi per il retail.
Apple vuole brevettare la parola startup
Apple cerca di brevettare la parola startup in Australia e il mondo del business drizza le orecchie: il termine indicherebbe dei servizi per il retail.

Apple sta cercando di registrare la parola “startup” in Australia e il mondo del business drizza le orecchie. È l’insolita scoperta fatta dalla redazione di TM Watch, con cui l’azienda di Cupertino vorrebbe proteggere dei misteriosi servizi sulla sua linea retail.

Il termine startup è universalmente riconosciuto e utilizzato per definire nuove e piccole realtà imprenditoriali, soggetti nascenti del mercato spesso implicati nelle nuove tecnologie. Apple vorrebbe utilizzare questa parola ad altri scopi, sebbene non siano bene chiari i progetti della società.

Stando a quanto trapelato, la richiesta di brevetto farebbe riferimento a servizi connessi ai negozi retail, all’installazione e alla riparazione delle componenti hardware di computer e dispositivi portatili, a classi e workshop proposti all’interno degli Apple Store, al design e allo sviluppo di terminali e interfacce grafiche. Insomma, la Mela avrebbe intenzione di chiamare Startup un nuovo pacchetto di servizi integrati per i propri clienti e sono in molti a speculare sulla possibile volontà del gruppo di bypassare gli operatori mobile provvedendo ad attivazioni telefoniche direttamente in-store.

La richiesta di registrazione è stata sottoposta alle autorità preposte della città di Sidney e, oltre a riportare la firma di Apple, vede la congiunta interazione con i legali di Baker & Mckenzie. Non è la prima volta che il gruppo californiano tenta di raggiungere questo scopo: qualche anno fa il brevetto è stato avanzato sia negli Stati Uniti che in China, ma il tutto si è concluso con un nulla di fatto per le ovvie obiezioni avanzate dai concorrenti. Essendo una parola già intrinsecamente legata all’immaginario collettivo di una nuova realtà imprenditoriale e da anni di uso molto comune, è difficile che la Mela possa ottenerne dei diritti di sfruttamento esclusivo. La richiesta odierna, tuttavia, potrebbe configurarsi come una strategia della Mela per avvalersi del cosiddetto sistema Madrid in uso presso la World Intellectual Property Organisation: una registrazione concessa in una delle nazioni che hanno sottoscritto l’accordo di Madrid, infatti, si applica automaticamente anche a tutti gli altri stati. Rifiutato negli USA e in Cina, chissà che Apple non c’entri l’obiettivo in Australia.

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