Associare Apple alla Cina e a Foxconn è semplice e immediato: dati i recenti scandali sulle condizioni di lavoro degli operai, nell’immaginario comune l’azienda di Cupertino è profondamente legata al partner cinese. E così di fatto è, considerato come Foxconn sia il primo fornitore di componentistica per il gruppo della mela morsicata. ChinaFile, portale specializzato sulle news provenienti dall’oriente, ha voluto però smentire parte di questa credenza, dimostrando come i fornitori Apple siano sparsi pressoché in tutti i continenti.
La redazione della testata ha infatti creato una mappa interattiva, consultabile liberamente su Google Maps, con tutte le aziende partner di Cupertino. I dati sono stati tratti dall’annuale report Apple sulla Supplier Responsibility e, pur vedendo un netto vantaggio della
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, mostra graficamente la dislocazione geografica della Mela.
È ovviamente l’Asia, così come succede per gran parte delle società informatiche, a dominare la classifica: di 748 fornitori, 600 sono nel continente e 331 proprio in Cina. Ma vi sono partner strategici anche oltre l’Atlantico: 26 sulla costa ovest degli
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, 19 nell’area centrale e 37 sulla costa est. Europa e Medio Oriente contano 41 fornitori, mentre un paio sono addirittura in Australia. La mappa è davvero interessante da analizzare e riserva delle curiose sorprese: chi l’avrebbe mai detto, ad esempio, che uno dei produttori di semiconduttori per Apple si trovasse nel Regno Unito, nel Cheshire?

La mappa dei fornitori mondiali Apple.
La pubblicazione dell’intera lista dei supplier Apple rientra in un’operazione di trasparenza su cui la società ha deciso di investire dopo lo
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. Lo sfruttamento della manodopera in Cina è una realtà che coinvolge moltissime aziende, ma con Apple ha raggiunto un livello globale data la notorietà del marchio. Cupertino si è da subito attivata affinché il partner produttivo limitasse queste condizioni di scarsa dignità dei lavoratori, inviando sul posto gli ispettori dell’organizzazione indipendente
The Fair Labour Association, aumentando i salari e diminuendo le ore settimanali di lavoro. Molto deve essere ancora fatto, però, perché gli impianti cinesi sembrano essere ancora lontani dal raggiungere gli standard di dignità occidentali.
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