Apple, Google, Amazon, meno trasparenti di ENI

Nonostante la cattiva fama delle multinazionali storiche, un report sostiene che quelle della Silicon Valley sono peggio. ENI col giudizio più alto.
Apple, Google, Amazon, meno trasparenti di ENI
Nonostante la cattiva fama delle multinazionali storiche, un report sostiene che quelle della Silicon Valley sono peggio. ENI col giudizio più alto.

Google, Amazon e Apple sono tra le multinazionali meno trasparenti al mondo, peggio delle aziende energetiche russe di proprietà statale come Gazprom, Rosneft. Incredibile il giudizio di un rapporto, pubblicato oggi, dagli attivisti di Transparency International: i giganti della Silicon Valley hanno segnato un valore inferiore a tre su una scala di dieci nella classifica delle 124 più ricche aziende prese in considerazione da Forbes.

Le multinazionali sono contrassegnate secondo le informazioni finanziarie all’estero, i dati sulle loro controllate e le partecipazioni, e la divulgazione delle loro misure anti-corruzione. Il punteggio finale è una media dei tre fattori presi in considerazione. Il report (pdf) “Transparency in Corporate” è uno dei tanti studi realizzati da questo collettivo che analizza dati e responsi, in questo caso nel settore privato. I numeri sono strabilianti: 90 multinazionali non parlano della tassazione estera, 54 di loro non danno informazioni sui ricavi fuori dalla nazione di origine, questo nonostante si parli di un valore complessivo di 14 trilioni di dollari. Come sia possibile agire in modo sensato nelle politiche economiche globali – anche e soprattutto nel senso della ridistribuzione, è ancora da capire.

L’Europa è più etica. Amazon? Come la Banca Cinese

Com’era immaginabile, il vecchio continente ha una concentrazione superiore di aziende che vantano una trasparenza di alto livello. Sette delle migliori multinazionali sono europee. Ancora una volta il report premia l’italiana ENI, che si aggiudica un valore di 7.3, seguita dalla Vodafone (6.7). I peggiori esempi dalla Cina, con la Bank of China in fondo alla classifica.

I problemi sembrano proprio venire dall’informatica, il digitale, il commercio elettronico. La IBM ha ottenuto 2.9, Apple 2.7, numeri vicini a quelli di alcune banche e società petrolifere. Google raccoglie soltanto un 2.2 su dieci, Amazon addirittura 2 soli punti, il che la mette alla pari con la Banca Commerciale Cinese e la famigerata compagnia telefonica giapponese. Per intendersi, sono solo 0,4 punti in più della ex holding di Warren Buffet e ben un punto e mezzo meno di Gazprom (ma anche di Microsoft e HP).

Com’è possibile? A Mountain View e Seattle l’eventuale replica, ma una spiegazione potrebbe essere la relativamente giovane età di queste aziende, cresciute ad un ritmo forsennato e incapaci per il momento di rispettare i criteri di Transparency International, molto legati a un concetto più tradizionale di ciò che compete una multinazionale e anche ciò che generalmente fa.

Il trend delle politiche aziendali: media e whistleblowing

Se i risultati delle aziende tecnologiche americane non alimentano certo molto entusiasmo, è pur vero che nel complesso si avverte la tendenza delle grandi aziende mondiali di riferire delle loro politiche anti-corruzione. Delle 124 analizzate, soltanto tre non rispondono a questo criterio. Tuttavia, 68 non rivelano i loro contributi politici e solo 56 parlano apertamente di tangenti sui media. Interessante, però, che molte aziende hanno un programma interno per la denuncia di casi corruzione (whistleblowing) senza rischio personale.

Transparency.org ha segnalato la ENI come la multinazionale col punteggio più alto. Pur non brillando nella comunicazione transnazionale, ha i voti più alti nei programmi anti-corruzione e nelle pratiche di trasparenza organizzativa.

Transparency.org ha segnalato la ENI come la multinazionale col punteggio più alto. Pur non brillando nella comunicazione transnazionale, ha i voti più alti nei programmi anti-corruzione e nelle pratiche di trasparenza organizzativa. La Vodafone, seconda in valore assoluto, è l’unica multinazionale che ha un giudizio mediamente alto in tutti e tre i criteri. Sette delle migliori dieci sono europee. Otto delle peggiori dieci, provengono dall’Asia.

Le raccomandazioni

Il lungo documento si conclude anche con alcune raccomandazioni alle aziende e ai governi. Per le aziende: pubblicare le donazioni politiche e spiegare le diverse tassazioni a cui è sottoposta l’azienda nei diversi paesi. E qui si pensa alla denuncia europea: per i governi, infatti, la proposta è di incrementare le disposizioni di legge per applicare una proporzionata fiscalità.

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