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Come tutte le saghe che si rispettino, anche quella legata alle stock option di Apple presenta spesso nuovi colpi di scena che ne allontanano l’epilogo. Dopo i recenti e positivi
Il CEO della società, Steve Jobs, Fred D. Anderson, un tempo tra i principali responsabili nell’amministrazione finanziaria di Cupertino, e il consigliere generale Nancy. R. Heinen sono stati
Nel 2006 Apple riconobbe di aver rilevato dinamiche anomale nella gestione delle stock option da parte di alcuni manager e di aver, inoltre, ritirato l’accredito di una ingente somma di denaro derivante da tali pratiche al suo CEO Steve Jobs. Secondo Cupertino, l’intera operazione, che portò dopo l’annuncio di Apple a un crollo delle azioni in borsa e alla perdita di circa sette miliardi di dollari, fu gestita da un numero ristretto di manager all’insaputa dei massimi responsabili della società. La class action da poco intentata, invece, ritiene che i top manager della mela fossero perfettamente a conoscenza delle pratiche compiute con le stock option.
Sempre secondo i depositari della Class Action, nel dicembre del 2001 Steve Jobs avrebbe ottenuto oltre 20 milioni di dollari dopo aver ricevuto 7,5 milioni di azioni in stock option retrodatate al mese di ottobre, cifra milionaria che non sarebbe mai comparsa nei libri contabili di Apple. Un’operazione simile sarebbe stata condotta anche nel gennaio del 2000, portando profitti per circa 80 milioni di dollari a Steve Jobs, cifra tenuta nascosta agli azionisti della società.
Benché la nuova class action non riveli molti nuovi dettagli sulla vicenda delle stock option, Apple potrebbe essere costretta a fronteggiare un nuovo procedimento oltre alle azioni legali già in corso. La corte distrettuale della California in cui è stata depositata la causa potrebbe comunque decidere di sospendere l’azione legale, in attesa di nuovi riscontri da parte dei procedimenti ancora in corso per l’intricato affaire delle stock option di Cupertino.