Anonymous: il gruppo si offriva come consulente

Il CNAIPIC rivela che i cracker indagati prima si introducevano nei siti e poi si offrivano come consulenti per la sicurezza.
Il CNAIPIC rivela che i cracker indagati prima si introducevano nei siti e poi si offrivano come consulenti per la sicurezza.
Anonymous: il gruppo si offriva come consulente

Volevano lanciare un’Opa al gruppo. Così, Ivano Gabrielli, del CNAIPIC, ha definito il comportamento dei quattro arrestati nell’

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condotta dalla procura romana. I quattro hackivisti, infatti, erano sì un vertice all’interno della legione di Anonymous, ma al contempo sfruttavano il marchio per fini personali, come ad esempio proporsi in vesti di consulenti per la sicurezza alle stesse aziende che avevano attaccato.

Guadagnarci due volte, insomma, era l’obiettivo di questo gruppo subito

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da Anonymous Italia, che ha mostrato di aver capito in poco tempo quali erano stati i comportamenti di questi quattro esperti cracker.

Se quindi restano di Anonymous alcune operazioni imputate ai quattro – lo stesso Centro nazionale anticrimine informatico è stato colpito da un attacco giusto un anno fa, così come sono stati firmati da loro gli attacchi DDoS al sito del Parlamento e del Vaticano – si sta parlando della classica azione di accredito presso un gruppo e di tradimento delle istanze, come ha spiegato Gabrielli nella conferenza stampa al Viminale:

Queste persone svolgevano una loro normale attività mentre soprattutto in orari notturni si strutturavano per compiere questi attacchi informatici. (…) La finalità era di monopolizzare il panorama di Anonymous in Italia: noi teniamo a distinguere l’attività criminale da Anonymous. Hanno cercato in qualche modo di mettersi al vertice per poterne manovrare le strategie. Cercavano anche di allontanare soggetti con finalità più in linea con il movimento. Può essere definita una cellula di avanguardia che sfruttava Anonymous per fini propri, proponendosi a società di consulenza per gestire le problematiche che loro stessi avevano creato.

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Ivano Gabrielli, del CNAIPIC, ala conferenza stampa al Viminale sugli arresti dell’operazione Tango Down.

Il sospetto è stato confermato dagli inquirenti a seguito delle perquisizioni che si sono protratte per alcuni giorni – anche in nord Italia – facilitate dal fatto che il gruppo comunicava attraverso chat private e blog. Per navigare utilizzava sistemi di anonimato IP, ma una volta recuperati dati virtuali e fisici stanno emergendo responsabili e metodi.

Nel caso dei siti istituzionali ci si fermava all’azione dimostrativa, in altri casi, i quattro indagati – persone tra i 20 e i 30 anni di cui non sono state rese note le generalità – offrivano sotto altre spoglie le loro consulenze. Tradendo completamente la filosofia del gruppo.

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