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Caratteristiche principali di questo canale distributivo, almeno nella fase iniziale, sarà la presenza di sole applicazioni freeware, mentre il supporto a prodotti commerciali sarà aggiunto nelle successive versioni. Inoltre per pubblicare applicazioni non occorrerà l’approvazione di un terzo, come invece succede nell’App Store per iPhone, dove è Apple ad accettare e firmare ogni software prima di inserirlo nel suo canale.
Saranno inoltre offerti tutti quei servizi tipici di altri portali di distribuzione dei contenuti, come ad esempio YouTube: feedback, un sistema di votazione per indicare il proprio gradimento del prodotto, statistiche e, appositamente per il mondo del software, controllo delle versioni e altre feature.
Facendo un paragone, il modello proposto da Apple e ripreso da Android poi, somiglia al sistema a pacchetti tipico di molte distribuzioni GNU/Linux, Debian e derivate in primis. Ma rispetto a quest’ultimo, presenta comunque una sostanziale differenza: la centralizzazione.
Per GNU/Linux infatti c’è la possibilità di aggiungere nuovi repository oltre a quelli preimpostati, rendendo possibile quindi l’installazione di programmi non "ufficialmente" inclusi nella distro. In questi modelli invece sembra non sia possibile fare questo, relegando tutto ad un unico canale, senza possibilità di aggiungerne altri. Vedremo se questo approccio, con l’andare del tempo, sarà penalizzante o vincente per aiutare l’utente a trovare e scegliere appropriatamente la risorsa più importante nell’uso di un terminale avanzato: il software.