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L’AgCom sta prendendo molto sul serio la questione della par condicio sul web. Aveva detto di auspicare
La questione comincia a farsi molto delicata, e a tratti imbarazzante. Se persino una testata di grande blasone come il giornale di via Solferino scomoda l’immagine dell’uccellino di Twitter a cui chiudono il becco, allora si può affermare che si è arrivati a queste elezioni – come al solito in Italia – senza alcuna preparazione. Coi guasti preventivabili. Sono incappati nel blackout durante i 15 giorni precedenti al voto anche quelli che credevano di poter estrarre il sentiment dalle conversazioni online, e così commentano:
La possibilità di monitorare e di rendere pubbliche in tempo reale le reazioni della rete in questa campagna elettorale non sarà quindi possibile, dopo che la stessa AGCOM oltre 1 mese fa aveva dato il via libera al progetto. In un’era in cui i social-media rappresentano un canale sempre più rilevante per permettere la partecipazione, la discussione e la possibilità di esprimere le proprie idee, questa decisione fa quantomeno riflettere.
Cade dunque un’altra vittima della scarsa attenzione dell’autorità garante, che ha prima fatto riferimento generico alla legge 28/2000, per poi accorgersi che non si potevano escludere i social network da una valutazione attuale di ciò che è considerabile una platea pubblica. Ritardo che ha causato danni economici a chi aveva chiesto un parere per tempo prima di investire su questi prodotti.
La piattaforma realizzata dall’università di Milano faceva il tipico monitoraggio qualitativo dei social media per contribuire a continuare il dibattito elettorale anche durante il silenzio dei sondaggi. Altri, dunque, rischiano? Da quel che si apprende, piattaforme quantitative come quella di Blogmeter,
Ma basta dare un’occhiata alle infografiche, a questi numeri, ai commenti che li accompagnano, per capire che si tratta di sfumature, e sembra capzioso chiudere dei siti lasciandone aperti altri. In fondo, anche i numeri, costantemente aggiornati, possono influenzare un elettorato: non esiste forse la teoria del conformismo e dell’impatto nella psicologia sociale?