Acquisti in-app: interviene l'antitrust britannico

L'Office of Fair Trading, l'antitrust britannico, indaga sulle polemiche sugli acquisti in-app di App Store: i consumatori sono stati tratti in inganno?
Acquisti in-app: interviene l'antitrust britannico
L'Office of Fair Trading, l'antitrust britannico, indaga sulle polemiche sugli acquisti in-app di App Store: i consumatori sono stati tratti in inganno?

Le polemiche sugli acquisti in-app di App Store non sembrano trovar soluzione, nemmeno dopo gli sforzi di Apple per rimborsare le inconsapevoli vittime e l’implementazione di segnali più evidenti sulle pagine del negozio virtuale. A intervenire è oggi l’Office of Fair Trading, l’antitrust britannico.

Si ricorderanno di certo le vicende singolari di alcuni bambini inglesi, caduti nella trappola degli acquisti in-app. Inconsapevoli del costo di funzioni aggiuntive per videogiochi o altri software, i bimbi hanno speso migliaia di sterline a suon di click compulsivi, scoperti dai genitori all’arrivo dell’estratto conto della carta di credito. Apple è prontamente intervenuta rimborsando gli incauti utenti e mettendo ben in evidenza su App Store le applicazioni che consentono l’acquisto di feature aggiuntive direttamente dal gameplay.

L’antitrust vuole però vederci chiaro nelle pratiche di Cupertino e dei developer, soprattutto dato l’aumento del 300% delle segnalazioni degli utenti nell’ultimo anno. Così si è espresso Cavendish Elithorn, direttore senior per i beni e i consumatori dell’Office of Fair Trading:

«Siamo preoccupati che i bambini e i loro genitori possano essere soggetti a pressioni illecite all’acquisto quando utilizzano giochi che ritengono siano gratuiti, ma che in realtà possono portare a costi sostanziali.»

Il pomo della discordia non sono tanto le politiche di Apple – e anche quelle di Play Store, l’indagine cavalcherà anche i mercati digitali della concorrenza – quanto il comportamento spietato dei developer. Gli utenti sarebbero spinti a cliccare su contenuti a pagamento con mezzi oppressivi – quali il blocco del gameplay, grafica colorata o domande insistenti – e i più piccoli cadrebbero in inganno proprio per tornare al gioco. Di questa modalità non ne sono responsabili solamente i developer ma probabilmente anche Apple con il suo mancato controllo, così come l’assenza di regole specifiche per limitarne il fenomeno.

Quali saranno gli effetti finali di questa indagine non è ora dato sapere, ma è difficile che il colosso di Cupertino possa essere sottoposto a gravi sanzioni. Oltre ad aver provveduto ai rimborsi, i soggetti implicati in realtà prescindono da Apple stessa e punire tutti gli sviluppatori sarebbe praticamente impossibile. È probabile, però, che l’Antitrust imponga alla Mela sistemi e tecnologie di controllo più stringenti.

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